Una settimana tra ISOLE KEYS e MIAMI

La Florida è uno degli Stati più amati dagli americani (e non solo) per trascorrere le loro vacanze, se non addirittura il resto della vita dopo la pensione. Da un lato si affaccia sull’Oceano Atlantico, dall’altro sul golfo del Messico, mentre le sue isole Keys arrivano così vicine a Cuba da risentire moltissimo della vivace e colorata atmosfera caraibica. Geograficamente è davvero un posto da sogno, l’importante è non andarci in estate come abbiamo fatto noi!!
Purtroppo gran parte dei lavoratori può permettersi di fare ferie lunghe solo in agosto. Sapevamo che non fosse periodo consigliato per la Florida ma eravamo già negli Stati Uniti per altre tappe e abbiamo voluto approfittarne ugualmente. Il risultato è che non ce la siamo affatto goduta e, di conseguenza, le aspettative molto alte han lasciato spazio alla delusione.

Proprio la sua posizione invidiabile caratterizza lo stato con un clima subtropicale umido, perfetto per fuggire dal grigiore e dal freddo invernale. Al contrario in estate comporta temperature medie tra i 30 e i 35 gradi centigradi, aggravati da un’umidità del 90% circa. Vi posso garantire che, pur abituati alle torride estati padane, abbiamo fatto davvero fatica a stare all’aperto: dopo un po’ il fiato si fa corto e le gambe diventano pesanti. Ogni volta che potevamo ci infilavamo qualche minuto in un negozio o in una caffetteria per rivitalizzarci. A questo proposito bisognerebbe aprire una parentesi dedicata al rapporto degli americani con l’aria condizionata!! Più caldo fa all’esterno e più bassa impostano la temperatura all’interno. Lo sbalzo termico è più fastidioso del caldo stesso! È una cosa che non ci spiegheremo mai!
L’unico posto in cui tutta questa umidità dà un po’ di tregua è la spiaggia. Naturalmente un po’ di vita marittima ci sta, soprattutto quando da noi non è ancora estate e le temperature non ce lo permetterebbero. Ognuno ha il suo modo di viaggiare: noi siamo soprattutto per i viaggi itineranti. Ci piace scoprire quanti più posti diversi e vedere quante più cose possibili. Pertanto, a mio parere, non ha alcun senso andare fino in Florida per fare una settimana di solo mare.
Questa lunghissima premessa solo per raccomandarvi di scegliere il periodo giusto per il vostro viaggio, ossia all’incirca da novembre a maggio.

Ci sono moltissimi itinerari e moltissime tappe possibili per un viaggio in Florida. La discriminante è senz’altro il tempo a disposizione che, nel nostro caso, è stato di una settimana esatta. Abbiamo escluso l’ipotesi di recarci anche ad Orlando e ci siamo dedicati solo al sud della Florida, spostandoci prima alle isole Keys e poi girando per Miami e dintorni.
Anche volendo limitare l’intero viaggio alla sola Miami, è davvero impossibile non noleggiare un’auto. Naturalmente ci sono mezzi pubblici anche qui, tuttavia la città è talmente vasta e dispersiva che si rischierebbe solo di perdere tantissimo tempo.
Anche questa volta abbiamo prenotato il noleggio della nostra auto già dall’Italia affidandoci ad Alamo. Abbiamo scelto l’opzione “Economy tipo Kia Rio o simile” e ci è stata consegnata una comodissima Chevrolet Cruze cinque porte. Il costo del noleggio è stato 230€ per otto giorni.

Al fine di alleggerire la lettura del nostro diario di viaggio, ho raccolto in un post a parte dieci cose utili da sapere quando si organizza un viaggio negli Stati Uniti. Lì approfondisco la questione relativa al noleggio dell’auto, vi parlo di ESTA, assicurazione sanitaria, tassazioni, shopping … Penso sia una lettura molto interessante soprattutto per chi si accinge a visitare gli USA per la prima volta. Vi lascio qui il link diretto all’articolo. Buona lettura.

Ed ora entriamo finalmente nel vivo di questo viaggio.

FLORIDA KEYS

18/08 Siamo arrivati nel primo pomeriggio in aeroporto a Miami con un volo interno della Delta partito da New York e abbiamo ritirato la nostra auto direttamente alla sede Alamo dell’aeroporto.

Una volta ottenuta la nostra vettura, ci siamo subito diretti verso Key West, l’ultima isola del famoso arcipelago delle Florida Keys. Si tratta della città più a sud di tutti gli Stati Uniti e per raggiungerla ci abbiamo impiegato circa quattro ore (con una breve sosta). A prescindere dal fatto che ho sempre amato attraversare gli Stati Uniti in macchina, perché mette in luce la loro vera identità, questo tragitto è sì lungo ma anche molto suggestivo. La prima parte del viaggio è senz’altro quella meno interessante: il panorama consiste principalmente in un susseguirsi di giganteschi campi da golf. Arrivati in fondo alla penisola invece, le varie isole dell’arcipelago sono tutte collegate tra loro da un’incredibile autostrada in mezzo al mare: la Overseas Highway. Attraversarla è stato quasi surreale!

Ci siamo recati direttamente alla nostra sistemazione per queste prime due notti: il Blue Marlin Motel, prenotato su Booking al costo di 253€ in totale, colazione inclusa. Come si può intuire, Key West è abbastanza cara, anche in bassa stagione. Il motel è carino, situato a cinque minuti da Southernmost Point, il punto più a sud di tutti gli USA, e a due minuti da Duval Street, la strada principale della città, sebbene nel suo tratto meno vivace. È dotato di parcheggio privato e piscina. La colazione è piuttosto industriale ma, servita a bordo piscina, diventa suggestiva. Le stanze invece sono davvero essenziali e fortemente impregnate dall’odore di umido che caratterizza questo clima. Pensate che in 24h non si asciugavano nemmeno i costumi da bagno. In un qualsiasi altro posto si sarebbe trattato di una cifra davvero spropositata ma qui è stato il miglior compromesso che siamo riusciti a trovare. Dopo aver fatto check-in ed aver sistemato le nostre cose in camera, ci siamo subito attivati per iniziare ad esplorare l’isola.

Come prima cosa siamo scesi verso Southernmost Point, dove la gigantesca boa di cemento ancorata nel punto più basso dell’isola, è diventata un’importante attrazione turistica. Ad esser sinceri non c’è niente di speciale, è più il fatto di sapere di trovarsi all’estremità meridionale degli Stati Uniti. Ad ogni modo, trovandoci così vicini, è stato doveroso recarci anche noi e scattare la nostra foto ricordo.

A questo punto ci siamo addentrati per le strade adiacenti iniziando da subito ad immergerci nella peculiare atmosfera di Key West. Il bello di quest’isola è che anche i luoghi meno turistici sono tutti estremamente suggestivi. Tra galli e galline lasciati liberi di girare per la città e la tipica architettura delle sue abitazioni, che si rifà allo stile vittoriano, si ha l’impressione di esser tornati indietro nel tempo.

Naturalmente ci siamo presto immessi anche in Duval Street: non so resistere al richiamo delle botteghe. Come ho già accennato, questa è la strada principale di Key West, dove ogni edificio ospita la maggior parte dei negozi e ristoranti della città. Solitamente, strade di questo tipo, tendono a stereotiparsi e a perdere un po’ di identità: le grandi catene cercano subito di accaparrarsi un posto in prima fila, gli edifici caratteristici lasciano spazio al classico cemento … Il bello di Duval Street è proprio il fatto di essere riuscita a mantenersi autentica al 100%. Nei negozi si trovano quasi esclusivamente prodotti tipici: moltissimi sigari cubani, negozi di articoli da spiaggia, di souvenir e abbigliamento di piccoli marchi. Alla stessa maniera anche i ristoranti sono tutti molto piccoli e accoglienti, resi ancora più intimi dal fatto di essere ospitati all’interno di queste bellissime casette. Avendo di fatto saltato il pranzo, per questa prima cena in città, abbiamo deciso di trattarci bene e abbiamo scelto di cenare al Nine One Five. Il nostro tavolino si trovava sul patio di questa splendida abitazione, tutto illuminato delicatamente da candele e luci soffuse. Sul menù c’è poca scelta ma tutti i piatti sono estremamente curati e appetitosi. È stata una cena davvero piacevole sotto ogni punto di vista e la consiglierei di certo. Naturalmente non si è trattata di una scelta low cost: abbiamo speso all’incirca 50€ in due.

19/08 Dopo aver assaporato l’atmosfera del centro la sera precedente, è giunta l’ora di esplorare la costa. La spiaggia più rinomata di Key West è senz’altro Fort Zachary Taylor Beach, all’interno dell’omonimo parco storico nazionale. Sebbene Key West sia piuttosto piccola e facile da girare, data la calura veramente importante, abbiamo deciso di raggiungerla in auto e risparmiare un po’ di tempo e di energie. Per accedere all’area protetta si pagano 2,5$ a testa ma nel costo è incluso anche il parcheggio.

La spiaggia è piccolina, costituita da una sottile striscia di sabbia mista a ghiaino. A riva si erano accumulate parecchie alghe e l’acqua era piuttosto torbida. Anche se comunque il contrasto tra la sabbia chiara e il blu dell’acqua fa sempre la sua figura, confesso che mi sarei aspettata di meglio. Più che dal lungo mare, i colori e l’atmosfera del posto si apprezzano meglio dall’interno del parco naturale, all’ombra delle sue splendide palme. Il venticello che si insinua sotto gli alberi è davvero un toccasana, visto il clima umido e afoso. La cosa bella è che, essendo bassa stagione, non c’erano molte persone e il posto era davvero vivibile. Abbiamo pranzato al bar della spiaggia e ci siamo goduti questa quiete per quasi tutta la giornata.

Avremmo potuto restare in spiaggia fino tardi per goderci il tramonto sul mare ma, trattandosi già della nostra ultima sera, abbiamo preferito spostarci ad ammirare il tramonto a Mallory Square, come viene suggerito caldamente dalla maggior parte delle guide turistiche.

Siamo rientrati al nostro motel poco prima delle 17.00 giusto per lavarci e renderci presentabili per la serata. Dopodiché abbiamo raggiunto a piedi la famosa piazza cittadina e, assieme a centinaia di altre persone, abbiamo aspettato il tramonto. Trattandosi di un punto e di un’ora di ritrovo decisamente abituale, la zona è ben attrezzata con chiostri che vendono gelati, cocktail e qualsiasi genere di attrattiva turistica. Noi ci siamo gustati un buon succo d’ananas servito direttamente nel guscio e tra un sorso e l’altro abbiamo ammirato il cielo e l’oceano tingersi in successione di tutte le sfumature di rosso … finché il sole non è scomparso dietro un vicino isolotto. Alla fine di questo spettacolo naturale abbiamo esplorato i dintorni e ci siamo addentrati tra i vari negozi di souvenir. Si vede subito che questa parte dell’isola è più turistica e commerciale: non c’è paragone con l’eleganza di Duval Street, anche per quel che riguarda il tipo di prodotti venduti. Pian piano ci siamo quindi spostati verso la strada principale per visitarne il tratto opposto a quello del giorno precedente.

Questa volta abbiamo cenato in un posto un po’ più semplice, seppur anch’esso molto suggestivo e caratteristico. Siamo usciti un attimo dai giri principali e ci siamo fermati da Garbo’s Grill. Questo fast food all’aperto si trova all’interno di un cortile privato. Cassa e cucina sono state allestite all’interno di un furgoncino hippie. Il cortile è illuminato delicatamente e anche qui, oltre che un panino molto buono, ci siamo goduti l’atmosfera tipicamente rilassante e vacanziera che contraddistingue questa adorabile cittadina.

Ci è dispiaciuto davvero molto che il nostro tempo a disposizione per Key West fosse già terminato: caldo a parte è un luogo davvero incantevole. Ad ogni modo avrebbe meritato al massimo un ulteriore giornata, dopodiché ammetto che non ci fossero molte altre attrattive.
Con calma abbiamo ripercorso tutta Duval Street fino a tornare nella nostra stanza per l’ultima notte.

20/08 È giunta l’ora di spostarci verso Miami. Questa volta abbiamo deciso di spezzare il viaggio facendo tappa in un’altra rinomata isola dell’arcipelago delle Keys: Bahia Honda, al cui interno si trova l’omonimo parco statale. L’ingresso al parco è costato 4,5$ a testa, sempre però con parcheggio incluso. Qui si trovano due spiagge principali: Sandspur Beach e Calusa Beach. La prima somiglia un po’ a Fort Zachary Taylor. È caratterizzata da una sottile striscia di sabbia mista ghiaino, l’acqua è parecchio mossa e torbida e questo porta a riva diverse alghe. Inoltre, a differenza della spiaggia di Key West, la densità di turisti era decisamente più alta risultando nel complesso meno suggestiva.

Abbiamo apprezzato molto di più Calusa Beach, situata sul versante opposto di questa sottilissima isola. Trovandosi verso il golfo, qui l’acqua è più calma, esaltandone quindi il colore e lasciando anche la spiaggia più pulita. La peculiarità di questa spiaggia è quella di trovarsi a poche centinaia di metri dal passaggio della Overseas Higway che, se da un lato ne fa un’attrativa, dall’altro rovina un po’ l’atmosfera tropicale di questa bella spiaggia. Assieme alla nota autostrada panoramica, sulla sinistra si apprezza anche il vecchio ponte ferroviario, nato proprio allo scopo di collegare le varie isole dell’arcipelago e poi dismesso con la costruzione della Overseas. Ci siamo goduti un paio d’ore in ciascuna delle due spiagge e abbiamo approfittato del bar del parco per pranzare. Accanto al bar si trova anche un piccolo market che vende beni di ogni genere, anche alimentari.

Un’altra cosa che consiglio è la passeggiata che parte dietro Calusa Beach e conduce in alto sul primo tratto del vecchio ponte. Da qui si apprezza davvero un panorama stupendo.

Abbiamo trascorso qui buona parte della giornata e abbiamo raggiunto il nostro hotel a Miami solo in tarda serata.

SOUTH BEACH MIAMI

Noi abbiamo scelto di alloggiare a South Beach e, col senno di poi, lo consiglieremmo di certo. Come vi spiegherò più avanti, probabilmente anche a causa della bassa stagione, Miami ci ha dato l’impressione di essere una città fantasma: spazi immensi e in proporzione pochissima gente per strada. Oltre alle isole Keys, South Beach è stato uno dei pochissimi luoghi di questo viaggio dove abbiamo trovato sempre un minimo di vitalità.

Per la precisione, noi abbiamo alloggiato al Clay Hotel, in Espanola Way. La nostra via era davvero caratteristica, nei dintorni c’erano moltissimi locali e tanti ristorantini in stile Key West. Si tratta davvero di un ottimo quartiere per soggiornare. Il nostro hotel si trovava a pochissimi passi da Ocean Drive, la strada icona di Miami e, incluso nel prezzo, offriva anche ombrellone e lettini in una spiaggia abbastanza vicina. Purtroppo, come per il Blu Marlin Motel di Key West, il clima incredibilmente umido della zona impregna di odore le stanze e qualsiasi cosa vi venga portato all’interno.

Ultima piccola parentesi: a South Beach parcheggiare in strada può costare anche 4$ l’ora e vi assicuro che le auto in sosta vengono controllate. Essendo arrivati tardi, per non rischiare una multa parcheggiando in strada e non perdere tempo alla ricerca di un parcheggio vicino, abbiamo chiesto intanto di poter usufruire di quello del nostro hotel che, inspiegabilmente, funzionava a fasce orarie: da mezzogiorno alla stessa ora del giorno successivo. Noi abbiamo consegnato l’auto alle 23.00 e ci han fatto pagare l’intero costo della giornata (29$ più tasse) tenendoci l’auto solo fino alle 12.00 del giorno successivo. Onestamente non abbiamo per niente apprezzato questa mancanza di elasticità: senza considerare il fatto che comunque prima delle 15.00 il check-in non sarebbe stato possibile. Tutto questo per suggerirvi di informarvi bene sui prezzi dei parcheggi nella vostra zona: il giorno seguente infatti ne abbiamo trovato uno a metà prezzo e, neanche a dirlo, vi abbiamo subito spostato la nostra auto.

21/08 La giornata in questione l’abbiamo interamente dedicata a South Beach. Siamo risalti qualche centinaio di metri più a nord del nostro hotel e da lì abbiamo percorso interamente tutta Ocean Drive fino al suo estremo meridionale. Questa strada, lunga circa 2 km, costeggia tutto il lungomare di South Beach, dal quale è separata solo da una striscia di verde ricca di palme e panchine, ahimè molte delle quali dimora di poveri senzatetto. Quella dei senzatetto è purtroppo una triste realtà di tutte le grandi città americane che abbiamo visitato.
Ocean Drive è davvero caratteristica e molto bella: ciò che l’ha resa tanto famosa sono sicuramente i suoi innumerevoli edifici ispirati all’Art Déco. Nel complesso la zona è diventata una vera e propria attrazione turistica nonché naturalmente il cuore della movida cittadina. I suoi bei colori vengono intensificati ancor di più al calar del sole dalle insegne luminose e dalle luci dei numerosi locali distribuiti lungo tutta la via. Il suo tratto più vivace è comunque quello nord, proprio all’altezza del nostro hotel. Scendendo perde un po’ di interesse.
Come ho accennato all’inizio, durante il giorno le temperature, ma soprattutto il tasso di umidità, hanno reso davvero impegnativa anche questa semplice camminata. È effettivamente più che comprensibile non aver incontrato molte persone lungo la strada. Le ore più calde della giornata è decisamente preferibile trascorrerle in spiaggia! Purtroppo il nostro modo di viaggiare predilige l’esplorazione alla vita marittima: stare stesi in spiaggia lo possiamo fare tranquillamente anche sull’Adriatico.
Il nostro tempo di percorrenza si è dilatato notevolmente perché abbiamo fatto tappa in ogni singolo negozio di Ocean Drive alla ricerca di un po’ di refrigerio. A dire il vero qui i negozi non sono molti, come ho già detto, questa è più la strada dei locali.  Per quanto concerne lo shopping a Miami, ne parlerò più avanti. Essendo questa una zona tipicamente turistica, i negozi sono quasi tutti dedicati alla vendita di souvenir o di accessori da spiaggia.

Alla fine di Ocean Drive si incontra South Point Park, un’ampia zona verde proprio all’estremità sud dell’isola di Miami Beach. Non ho mai specificato che Miami Beach sia una vera e propria isola, collegata alla grande metropoli in più punti da diversi ponti. Passeggiando per questo parco si riescono ad apprezzare diversi skyline di Miami e delle altre isole che la compongono. Ad ogni modo non è sicuramente questo uno dei punti più suggestivi della città.

A questo punto siamo pian piano tornati indietro. Col senno di poi poteva essere un’idea risalire lungo la spiaggia, ammirando così tutte le diverse cabine dei guarda spiaggia di South Beach. Ogni bagno ha infatti una sua torre di guardia diversa per forma e colori, estendendo così anche alla spiaggia lo stile eccentrico e colorato che contraddistingue Ocean Drive e, più in generale, tutta South Beach.
Per il primo tratto del ritorno invece, abbiamo esplorato le strade dietro Ocean Drive dove, a parte qualche ulteriore negozio di souvenir e qualche mini market, non c’è proprio niente di interessante. Pertanto, all’incirca a metà del nostro tragitto, siamo tornati verso la spiaggia e ci siamo avventurati per il lungomare.

Tutta la spiaggia di South Beach è immensa, non solo in lunghezza ma anche in profondità. Dal momento in cui si mettono i piedi sulla sabbia a quando si raggiunge la riva si percorre quasi un centinaio di metri. In ciascun bagno non manca quindi lo spazio di spiaggia libera. Ci sono poi solitamente giusto 2/3 file di ombrelloni e sdraio per bagno e, come vi dicevo, il punto forte sono senz’altro le torri di guardia dei bagnini. Tra le più famose c’è sicuramente quella che raffigura la bandiera degli Stati Uniti.
Il mare è parecchio mosso e dai colori torbidi ma se non altro, diversamente dalle isole Keys, la spiaggia viene tenuta veramente ben pulita.
Ci siamo concessi un’oretta stesi al sole, godendoci la frescura del vento. Poi abbiamo attraversato un altro paio di bagni e siamo tornati al nostro hotel per una bella doccia rinfrescante.

La sera siamo scesi nuovamente ad assaporare anche la versione notturna di South Beach, sicuramente un po’ più trafficata che nelle calde ore diurne ma pur sempre sotto tono rispetto al periodo di punta. Abbiamo cenato in un locale iconico: 11th Street Diner. Questa tavola calda è allestita all’interno di un furgoncino argentato e il suo interno è arredato in tipico stile anni ‘60. È un posto molto simpatico anche di suo, reso ancor più popolare per il fatto di esser stato utilizzato anche per le riprese del video musicale Miami di Will Smith. Noi abbiamo mangiato un classico hamburger con patate spendendo 30$ in due.

FORT LAUDERDALE

22/08 Dal momento che il giorno precedente ci aveva già offerto una buona panoramica di South Beach, a dire di tutti la parte più bella di Miami, per la giornata in questione abbiamo deciso di spostarci a visitare Fort Lauderdale. Ci avevano parlato molto bene di questa città, tanto amata e rinomata tra gli americani. Questo luogo è meta dei nababbi occidentali per trascorrere le loro vacanze o addirittura svernare una volta raggiunta la pensione. Qui non ci sono altro che yacht di lusso, ville strepitose e negozi proibitivi. È un posto unico nel suo genere ma per noi è stata solo una delusione e una perdita di tempo.
A dire il vero non avevamo grosse aspettative, tuttavia l’abbiamo trovata una città davvero insignificante, probabilmente anche in questo caso complice la bassa stagione. Qui è tutto volutamente amplificato: palazzi e strade sono enormi ma tutto intorno c’è il vuoto; manca di vitalità, manca di personalità … Le persone che frequentano questo luogo vivono chiuse nella loro cerchia e al di là che una bella facciata di casa non trasmettono nulla a questo posto.
Immagino di potermi fermare qui, si capisce come la penso. Quindi entriamo nel vivo.

Abbiamo lasciato l’auto lungo una strada qualche centinaio di metri fuori dal centro, probabilmente rischiando una multa ma ci è andata bene. Non abbiamo neanche provato ad informarci su quanto potesse costare un parcheggio, anche perché non avremmo saputo quantificare la durata della nostra permanenza. Pian piano ci siamo quindi incamminati senza una meta ben precisa. Abbiamo presto raggiunto il ponte levatoio che attraversa New River, il fiume della città e siamo passati sul lato nord del fiume. C’è un camminamento asfaltato che ne segue il tragitto: il Riverwalk Fort Lauderdale. Lungo questo viale si trovano diverse fermate di un battello gratuito che lo naviga aiutando ad accelerare i tempi di percorrenza: il Riverwalk Water Trolley Stop. Dal momento che passeggiando lungo un fiume a quelle temperature il tasso di umidità supera i limiti dell’umana sopportazione, e considerato che questo percorso non aveva assolutamente niente di interessante da offrire a parte la visuale dei palazzi affacciati sulla sponda opposta, abbiamo deciso di approfittare dell’imbarcazione e ci siamo limitati ad un’osservazione del Riverwalk più rapida e ventilata.
Io sono una vera amante degli skyline americani: la nostra settimana in Florida è venuta in successione a 5 giorni di permanenza a Chicago e 3 a New York. I grattacieli di queste due città sono tutti diversi tra loro, ricchi di vetrate che riflettono la strada sottostante o i colori del cielo, visti in successione sono come note su uno spartito: tutte diverse ma combinate tra loro creano fantastiche melodie. I palazzi che ho visto in Florida sono tutti identici e visti in successione sono solo un copia incolla ripetuto per “n” volte! Insomma … non sono un architetto ma non l’ho trovato di mio gradimento. Non si può dire che sia brutto ma sicuramente non vale il viaggio.

Oltre al Riverwalk, l’altra “attrazione” principale di Downtown a Fort Lauderdale è Las Olas Boulevard. Questa strada è il riferimento commerciale della città: qui si trovano moltissimi negozi di lusso, ristoranti, discoteche, gallerie d’arte … Il suo tratto commerciale è lungo circa 1,5 km e termina laddove iniziano i canali della baia di Fort Lauderdale, dove si trovano le famose ville da capogiro con gli yacht ormeggiati sul pontile privato. Noi non l’abbiamo percorsa tutta fino in fondo, ci siamo accontentati di un’esplorazione veloce tanto per farci un’idea. Devo dire che nel complesso l’ho trovata carina, già un po’ più a portata d’uomo e impreziosita da diversi alberi. Ad ogni modo, non mi ha neanche sfiorato l’idea di addentrarmi nei suoi negozi. Mi sarei sentita molto Julia Roberts in Pretty Woman, ma senza il portafoglio di Richard Gere.

Avremmo voluto arrivare a piedi fino ai canali e da lì raggiungere la spiaggia ma, come vi dicevo, le dimensioni della città sono davvero importanti. Considerando sempre la calura, il nostro parcheggio borderline e il fatto che poi avremmo dovuto rifare tutta la strada per tornare, abbiamo preferito riprendere l’auto e spostarci con quella, così da girare meglio anche tra i canali della città.
Col senno di poi, un’altra idea interessante poteva essere approfittare del tour guidato a bordo della Jungle Queen Riverboat, che in 90 minuti attraversa tutto New River e porta a visitare i vari canali. Il costo è di circa 30$ ma forse la spiegazione che accompagna il tour e la prospettiva più completa offerta dall’acqua, può dare un po’ di valore aggiunto a quel che si va a vedere.

Come vi dicevo, noi siamo andati a riprendere la nostra auto con l’obiettivo di dirigerci sul lungomare e dare un’occhiata alle spiagge. Inevitabilmente ci siamo immessi nuovamente su Las Olas, attraversando i canali e godendo di una prima panoramica sulle splendide ville che contraddistinguono questa città.
Questa volta abbiamo lasciato l’auto in un parcheggio vero e proprio, accanto allo stabilimento di pesca. Da qui, in circa una decina di minuti a piedi, abbiamo raggiunto l’ingresso di Las Olas Beach, senz’altro la spiaggia più conosciuta della città, situata proprio al termine dell’omonima strada. Devo dire che questa spiaggia mi è piaciuta molto di più di quelle di South Beach: è stranamente più piccola e più a portata d’uomo. Il colore della sabbia è un bellissimo bianco che accentua le tonalità dell’acqua. Abbiamo sostato qui all’incirca un’ora, stesi all’ombra di una palma, dopodiché siamo tornati sui nostri passi. Anche il lungomare di Fort Lauderdale, altrimenti noto come Strip, è molto rinomato. Tuttavia, quanto meno in quel breve tratto che abbiamo percorso noi per raggiungere la spiaggia, mi ha dato la solita impressione di una strada larghissima, piena di locali e negozi ma pur sempre desolata e desolante.

Tornando indietro ci siamo addentrati un po’ meglio lungo i canali, sebbene in auto siano senz’altro meno apprezzabili che in barca. Le ville sono davvero invidiabili. Questo posto è senz’altro molto caratteristico a suo modo ma le lunghe distanze e gli ampi spazi che contraddistinguono un po’ tutti gli Stati Uniti, in questo caso più che in altri, spezzano troppo i punti di interesse danneggiando la valutazione complessiva del viaggio. Un borgo italiano ad esempio, magari si visita in sole tre ore, ma ogni minuto di permanenza avviene sullo sfondo di qualcosa di caratteristico e piacevole. Dover fare sempre minimo 10 km per spostarsi da un’attrazione all’altra secondo me è una grossa penalità. Già diverso è essere americani, una volta nella vita ci sta una vacanza in Florida con tappa a Fort Lauderdale. Ma partire dall’Italia per perdere tempo qui non lo consiglierei. Gli Stati Uniti hanno ben altri luoghi da scoprire.

Rientrando a Miami abbiamo deciso di trascorrere il tardo pomeriggio e la serata al Bayside Marketplace. Questo famoso centro commerciale all’aperto si affaccia sulla baia di Biscayne ed offre sicuramente il miglior skyline che abbiamo visto noi a Miami. Al di là del fatto che io ho un serio problema con i negozi, questo posto è praticamente l’unico che abbia davvero apprezzato assieme a South Beach. Qui sì che abbiamo trovato gente, movimento, vivacità … il tutto finalmente all’interno di spazi perfettamente a misura d’uomo. Oltre ad offrire degli scorci molto belli della città, qui si trovano negozi di ogni genere: dal tipico souvenir ai brand più commerciali come ad esempio l’Hard Rock Café. Non mancano poi ristoranti di ogni genere. Noi abbiamo optato per Bubba Gump: non è proprio economico ma ci è sempre piaciuto per il menù, il suo stile e l’atmosfera che lo caratterizza. Insomma, è una certezza per i nostri viaggi all’estero.

Il tempo ci è davvero volato ma avevamo proprio bisogno di rimotivarci un po’ dopo la delusione della mattinata.

EVERGLADES

23/08 Nuovo giorno, nuove avventure.
Oltre a Miami e alle spiagge, il sud della Florida è senz’altro noto anche per le Everglades, le sue paludi popolate di coccodrilli.

Il parco nazionale delle Everglades è veramente molto vasto e naturalmente esistono decine di tour organizzati, sparsi in tutto il territorio, che accompagnano i turisti desiderosi di avventura nei loro incontri ravvicinati con i temibili rettili. Per non vagare a vuoto, è quindi utile decidere prima che tour si vorrebbe intraprendere. Un altro consiglio, tanto utile quanto ovvio, è sicuramente quello di portare con sé un buon repellente per insetti e, nonostante il clima della palude sia ancora più asfissiante di quello di Miami, cercare di coprirsi quanto più possibile.

La maggior parte dei tour che affrontano le “temibili” paludi vengono effettuati a bordo di airboats. Noi invece avevamo letto delle ottime recensioni relative allo Shark Valley Tram Tour, un tour alternativo a bordo di un trenino. Complice anche la sua posizione, comodissima a Miami, abbiamo optato per quello. La riserva si raggiunge infatti in circa un’ora di auto, il costo del tour è di 24$ a testa (quindi leggermente meno dei più turistici airboat) e la durata è di circa due ore.
Ma procediamo con ordine.
Trattandosi di un parco nazionale, a prescindere che si decida di prendere parte al tour in treno, o semplicemente di affrontare a piedi la propria visita, bisogna pagare l’ingresso alla Shark Valley: 25$ a veicolo.
NB: Se all’interno del vostro viaggio avete già intenzione di visitare più di un parco nazionale, fate bene i vostri conti. Esiste la possibilità di acquistare l’Annual Pass, un pass a validità due anni che consente l’accesso a tutti i parchi nazionali degli Stati Uniti, al costo di 80$ a veicolo.
Il tour col treno parte ogni due ore, quindi converrebbe anche informarsi prima sugli orari, così da non arrivare poco dopo la sua partenza come è capitato a noi!
In ogni caso non è assolutamente un problema. Come vi accennavo, la valle si può visitare anche a piedi, attraverso dei sentieri segnalati o, addirittura, noleggiando delle biciclette. Abbiamo quindi riempito l’attesa iniziando in autonomia l’esplorazione di questa riserva naturale.
Il punto di forza della Shark Valley è proprio quello di offrire un contatto assolutamente libero e ravvicinato con questa realtà naturale incontaminata. La vegetazione che si incontra è veramente caratteristica ed è molto piacevole avventurarsi tra i canneti, contemplare i fiori di loto galleggiare negli stagni … senza parlare ovviamente degli incontri con le più strane specie di volatili che avessimo mai visto. Se dovessi dare un voto alla valle sarebbe senz’altro 10!! Pur trattandosi di un’importante attrazione turistica ha mantenuto la più totale autenticità, per non parlare della pulizia e della cura con cui viene gestito il parco.
Leggendo dei vari tour con le airboats, ho capito che puntano tutto sul giro in barca e sul “forzare” il contatto del turista con i coccodrilli, magari tenendone alcuni in cattività così da poter sempre garantire almeno un incontro. Viene ricreato una sorta di show ma penalizzato l’aspetto naturalistico. Ad ogni modo, considerato che il nostro giro in treno non ci ha permesso di avvistare nemmeno un coccodrillo, averne tenuto uno come contentino per i visitatori, in fondo non sarebbe stata un’idea così malvagia.
È comunque apprezzabile il modo in cui viene gestito il tour: la nostra guida era davvero molto disponibile e preparata. Ovviamente la spiegazione è interamente in inglese quindi più si conosce la lingua e meglio si comprende. Usufruendo del treno si riesce a visitare bene tutto il parco in breve tempo, apprezzando tutte le diverse sfumature di fauna e flora che ha da offrire. Forse in effetti si poteva evitare ed optare piuttosto per il noleggio delle bici.
Ci tengo a precisare che il mancato avvistamento dei coccodrilli non è colpa del tour: avevamo letto di persone che li avevano visti anche durante la loro esplorazione a piedi della Shark Valley. Naturalmente attraversare in barca la palude aumenta le probabilità di incontrarne qualcuno ma la verità è che agosto è un pessimo mese per visitare la Florida anche sotto questo punto di vista.

La nostra permanenza al parco è durata all’incirca quattro ore. Poco dopo le 14.00 siamo ripartiti e ci siamo fermati per una merenda sostanziosa in uno Starbucks lungo la U.S. 41, l’autostrada che attraversa tutte le Everglades. Essendo ancora presto, non siamo rientrati subito verso Miami ma ci siamo addentrati un po’ più a nord-ovest sempre lungo la U.S. 41. Fu proprio così che, quando meno ce l’aspettavamo, dall’auto abbiamo avvistato il nostro unico coccodrillo, spiaggiato sulla sponda del lunghissimo canale artificiale che costeggia tutta l’autostrada.

Durante il nostro giro in auto non abbiamo trovato altri punti particolarmente interessanti. Al contrario, è stato quasi inquietante spingersi sempre più in mezzo al nulla. Per diverso tempo non abbiamo incontrato nessuno lungo il tragitto così, ad un certo punto, ci siamo convinti a girarci e tornare indietro.

Tra una cosa e l’altra si era fatta quasi sera. Rientrando ci siamo fermati in un supermercato appena fuori dall’area del parco nazionale e in rosticceria ci siamo presi del pollo fritto con patatine per cena, gustato direttamente in parcheggio in tipico stile americano! Sicuramente la nostra è stata una scelta un po’ insolita vista la movida che avevamo proprio sotto casa ma in questo modo, una volta rientrati in hotel, abbiamo potuto lavarci con calma e andare a riposare senza bisogno di uscire nuovamente per cena.

24/08 Dopo aver esplorato tutte le principali destinazioni del sud della Florida, per questa penultima giornata di viaggio abbiamo deciso di restare a goderci South Beach in tranquillità. Come ho già detto, il nostro hotel offriva gratuitamente ombrellone e lettini in una spiaggia poco distante, per cui sarebbe stato davvero assurdo andare via senza averne mai approfittato.
Abbiamo quindi trascorso la mattinata sotto il nostro ombrellone staccando completamente la spina e godendoci la tranquillità di queste enormi spiagge praticamente deserte. Se non altro qui siamo stati davvero bene: il costante vento caldo stemperava dalla forte umidità e rendeva l’aria molto più respirabile. Tuttavia, da quando abbiamo iniziato a viaggiare, facciamo proprio fatica a restare fermi, anche sotto all’ombrellone. Infatti, anche questa volta, non siamo rimasti qui troppo a lungo e verso ora di pranzo siamo tornati in camera a ripulirci.

South Beach

Nel pomeriggio invece ci siamo spostati nella vicinissima Lincoln Road, la strada dei negozi di South Beach. Questa strada, quasi interamente pedonale, è ornata di diverse palme e ospita moltissimi negozi dei più comuni brand commerciali. Il cambio dollaro/euro è quasi sempre vantaggioso così, quando posso, un’occhiata ai negozi la dò sempre volentieri. Non si tratta certo di un luogo imperdibile ma mancandoci all’appello, un giro ce lo siamo fatto.

Restando nel mood dello shopping, siamo poi tornati lungo Ocean Drive ed essendo ormai a fine vacanza, ne abbiamo approfittato per comprare qualche piccolo ricordo per noi e per i nostri amici.

In un attimo si è fatta sera anche questa volta. Era dall’inizio della nostra permanenza in Espanola Way che tenevamo d’occhio gli adorabili ristoranti della zona. Finalmente per questa cena siamo riusciti a goderceli e, già nel pomeriggio, avevamo prenotato il nostro tavolo per due da Pane e Vino, ristorantino italiano la cui specialità sono dei banalissimi (ma squisiti) spaghetti al pomodoro fatti in casa e serviti direttamente dentro una forma di parmigiano. Lo so, è un po’ assurdo mangiare italiano all’estero ed è una cosa che normalmente non facciamo. Tuttavia dopo 20 giorni negli Stati Uniti vi assicuro che hamburger e Caesar Salad vi escono dagli occhi e non solo… A nostra discolpa, avevamo letto le recensioni davvero entusiaste e, devo dire, che abbiamo trovato tutto all’altezza delle aspettative.
Dalla vetrina si può osservare tutta la preparazione della pasta fresca che è fatta ad hoc. L’atmosfera a lume di candela è veramente piacevole, l’interno del locale è davvero ben arredato (non ho mai visto un bagno più carino di questo) ma la ciliegina sulla torta è sicuramente la presentazione del piatto. D’altro canto, non è stata certo una cena economica ma abbiamo spesso 60$ in due.

Ocean Drive

25/08 Ed ecco arrivato anche l’ultimo giorno. Il nostro volo era la sera, pertanto abbiamo comunque avuto a disposizione l’intera giornata. Ammetto che purtroppo ce la siamo giocata male e tra poco vi spiego il perché.
Vi confesso che questo viaggio non ci ha entusiasmato. Sono sicura che in parte la colpa è stata di alcuni nostri errori, primo fra tutti la scelta del periodo. La Florida è stata penalizzata anche dal fatto di essere l’ultima parte di un viaggio molto lungo che ha incluso due città che adoro: Chicago e New York. Pertanto, anche da un punto di vista organizzativo, probabilmente abbiamo puntato meno su questa parte del nostro itinerario. Infine, per scegliere i luoghi da visitare, mi sono affidata come sempre alla mia guida Mondadori ma ho capito che purtroppo le guide turistiche sono un po’ superate al giorno d’oggi. Il potere dei social a livello turistico è diventato davvero importante ed è già la quarta volta che, di rientro da un viaggio, scopro poi su Instagram l’esistenza di posti molto carini che noi ci siamo persi. La foto di un bel posto, seppur senza una reale importanza storica o culturale, ha ormai molta più influenza di una spiegazione dettagliata. Ecco perché, prima di partire per qualsiasi viaggio, vi consiglio di dare un’occhiata e prendere spunto anche su Instagram e Tripadvisor.

Nello specifico, noi abbiamo deciso di dedicare questa giornata a Miami città, che è stata per una settimana il fulcro del nostro viaggio ma che, Bayside Marketplace a parte, non avevamo ancora mai visitato. Basandoci sulla nostra guida turistica abbiamo deciso di trascorrere la mattinata visitando Coconut Grove, un lussuoso quartiere di Miami famoso per le sue ville e per il Coco Walk, un centro commerciale all’aperto che, a dire della nostra guida, è una vera icona. Il Coco Walk ha effettivamente una struttura piuttosto interessante da un punto di vista architettonico, nel senso che si sviluppa come una sorta di anfiteatro con un’elegante scalinata centrale. Ricorda vagamente Rodeo Drive a Beverly Hills. Detto questo, l’ho trovato ancora più desolante e smorto di qualsiasi altro luogo visitato finora in Florida. Non dico che fossimo gli unici al suo interno solo perché c’era anche qualche commesso. Per quanto riguarda Coconut Grove, la colpa è nostra: dopo Fort Lauderdale avremmo dovuto capire che questo genere di quartiere non fa per noi. Al di là che dopo un po’ ville, porticcioli e yacht sono tutti uguali, a visitare un posto in macchina non c’è proprio gusto.
La cosa che ci ha entusiasmato di più è stata il Fresh Market, un enorme mercato al coperto pieno di frutta fresca, verdura e con un banco rosticceria. Ebbene sì!!! Dopo 20 giorni negli Stati Uniti, un vero mercato con cibi freschi e non confezionati, può essere davvero esaltante.

Abbiamo pranzato qui e, dopo questa deludente mattinata, abbiamo puntato tutto sul pomeriggio a Downtown! Dopo una settimana già iniziavo a sentire la nostalgia delle nostre passeggiate newyorkesi e speravo che i grattacieli di Miami colmassero un po’ la mancanza. Sfortunatamente non c’è stato nulla da fare!!! Sarà stato il caldo, sarà che chi abita a Miami è così ricco da farsi portare la spesa a casa e farsi servire pranzo, caffè e cocktail direttamente a bordo della sua piscina privata ma anche in strada a Downtown non c’era anima viva. Ci è sembrato di vivere una qualche surreale scena di un film di fantascienza: spazi immensi, grattacieli altissimi che cercano vagamente di emulare la città simbolo degli Stati Uniti e a mala pena una decina di persone per la strada! Non volevo crederci. Ad un certo punto ho intravisto Macy’s, una delle principali catene di grandi magazzini americani, e sono entrata. Se siete stati a New York sapete sicuramente quanto sia affollato Macy: quante persone, quanti commessi, quanto movimento e quanta vitalità ci sia. Ebbene, anche qui non c’era veramente nessuno!! Posso proprio dire che siamo letteralmente scappati via ma, essendo ancora presto per andare in aeroporto, abbiamo deciso di trascorrere questo ultimo paio d’ore di viaggio al Bayside Marketplace, sicuri che almeno lì ci saremmo sentiti a proprio agio.

Il preambolo iniziale riguardante il fatto che ormai i social sono più affidabili delle guide turistiche, è proprio perché, col senno di poi, potevamo tranquillamente salvare l’intento di dedicare la giornata a Miami cambiando semplicemente i quartieri da visitare. Ad essere onesti, la guida parlava anche di Little Havana, il quartiere di Miami dove si respira tutta la vivace atmosfera che caratterizza la capitale cubana. Tuttavia le immagini proposte non erano affatto accattivanti come quelle che ho poi scovato sui social e penso proprio che non averlo inserito nel nostro itinerario rientri nella lista degli errori commessi in questo viaggio. Altro luogo che sono pentitissima di non aver visitato è Wynwood Walls, un altro quartiere di Miami diventato davvero popolare grazie alla splendida Street Art che lo ha rivalorizzato tempestandolo di coloratissimi murales.

È così giunto il momento di salutare un’altra volta il continente americano e tornare a casa. Come vi dicevo, abbiamo riconsegnato l’auto direttamente in aeroporto: parcheggiandola e depositando poi le chiavi al banco senza alcun tipo di controllo e senza perdere tempo.

Come sempre cerchiamo di arrivare in aeroporto almeno un paio d’ore prima della partenza ma, sfortunatamente, alla nostra attesa se ne sono aggiunte altre due perché il nostro volo Iberia era in ritardo. Purtroppo i negozi dell’aeroporto chiudevano tutti alle 21.00 ed è stata dura riempire l’attesa serale tra la stanchezza e un po’ d’ansia che il ritardo non compromettesse la nostra coincidenza a Madrid. Non ci è rimasto molto margine di sicurezza ma fortunatamente anche il volo di ritorno è andato bene e così … vissero tutti felici e contenti.

THE END.

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